giovedì 9 marzo 2006

La laicità nella Repubblica italiana non è contrapposizione tra stato e confessioni religiose (Filosa Teresa)

Commento alla Sentenza del Consiglio di Stato - Sezione VI -13 febbraio 2006 n. 556

La motivazione dei giudici amministrativi
Il Consiglio di Stato è stato chiamato a pronunciarsi sulla dibattuta questione del Crocifisso nelle scuole. Nella motivazione si osserva in via preliminare che l’ostensione del Crocifisso non può ritenersi illegittima per l’asserito contrasto con l’aconfessionalità dello Stato, dovendosi piuttosto definire il principio della laicità alla stregua dell’ordinamento costituzionale. Richiamando la giurisprudenza della Corte costituzionale, i Giudici della VI sez. riconoscono che la laicità è principio generale che si ricava dal comb. disp. degli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost. Prosegue poi la Corte amministrativa, nel precisare che laicità nel nostro ordinamento “Indica in forma abbreviata profili significativi di quanto disposto dalle anzidette norme, i cui contenuti individuano le condizioni di uso secondo le quali esso va inteso ed opera”.
In altri termini il concetto extragiuridico di laicità è da intendersi recepito nell’ordinamento costituzionale, nei limiti in cui esso risulta giuridicamente “ridefinito” dalla reciproca interazione delle norme richiamate.
E’ ampio il contenuto delle disposizioni della Costituzione relative alla sfera religiosa, come ribadirà in seguito la Corte amministrativa. Esse tutelano l’aspetto religioso come diritto fondamentale della persona in sé (art. 2 - disposizione intesa comunemente come clausola aperta[1]) considerata uguale agli altri cittadini a prescindere dal proprio credo, nel senso che la fede religiosa è uno degli aspetti della persona tutelato contro la discriminazione (art. 3)[2]. La Costituzione garantisce a tutti la libertà di esprimere l’aspetto religioso della personalità individuale e sociale (artt. 2 - 19)[3]. La tutela si estende alle istituzioni con finalità religiose che non possono essere discriminate per il loro fine religioso o di culto (art. 20)[4]. La tutela e i rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica e le altre confessioni religiose sono poi rispettivamente regolati dagli artt. 7 e 8 Cost[5].
La sentenza in commento argomenta che la soluzione del quesito posto ai giudici presuppone in via preliminare chiarire il confine tra ideologia e diritto sul tema “caldo” della laicità:
“Le condizioni di uso vanno certo determinate con riferimento alla tradizione culturale, ai costumi di vita, di ciascun popolo, in quanto però tale tradizione e tali costumi si siano riversati nei loro ordinamenti giuridici. E questi mutano da nazione a nazione”.
Schematizzando:
a) il concetto di laicità dello Stato in rapporto al fenomeno religioso e le stesse espressioni religione o culto richiamano nozioni relative alla cultura, tradizione, costume di un popolo; si tratta di un dato che va pertanto, contestualizzato e storicizzato;
b) l’ampiezza e i limiti del riconoscimento del dato sociologico, antropologico, ecc. sono dati dalla loro giuridicità ossia dalla ricezione in ordinamenti giuridici[6];
c) per il nostro ordinamento, il contenuto e i limiti di tale riconoscimento sono dati dalla ricezione degli elementi extragiuridici nelle norme costituzionali sopra richiamate.
La Corte amministrativa prosegue con una breve rassegna comparativa di diritto internazionale volta ad esemplificare i concetti sopra espressi, evidenziando la relatività e diversità rispetto ai vari ordinamenti del concetto di laicità. Ed opera una triplice distinzione tra:
► Laicità di tipo contrappositivo: il fenomeno religioso è considerato in antitesi allo Stato che pertanto, tende a limitarlo e costringerlo nelle maglie del diritto. Si fa l’esempio dell’ordinamento Francese, e si indica ad esempio la recente legge che limita l’ostentazione dei simboli religiosi.
Non vi è chi non vi ravvisi un residuo delle concezioni illuministiche in base alle quali il fenomeno religioso era ritenuto in contrasto con la Ragione e considerato un ostacolo alla scienza e al progresso[7].
► Laicità di tipo consociativo - come l’ordinamento degli U.S.A. in cui, nonostante l’affermata separazione tra ordinamento statale e confessioni religiose, si manifesta una parziale commistione o integrazione tra le due sfere (esemplificata dal Collegio, nel riferimento a Dio contenuto nella moneta americana).
► Laicità di tipo autonomistico caratterizzata, nel nostro ordinamento, dalla reciproca indipendenzadella sfera temporale da quella spirituale ed espressa nell’assetto sopra sintetizzato.
La Corte amministrativa esplicita il significato dell’autonomia ed indipendenza della sfera civile e religiosa, col rimarcare che esse si connotano di un atteggiamento “di favore nei confronti del fenomeno religioso” e delle confessioni che lo propugnano. Esso si esprime, tra l’altro nella regolamentazione dei rapporti mediante il meccanismo del Concordato per la Chiesa Cattolica, e di intese preventive recepite in leggi per le altre Confessioni (art. 7 e 8 co.3 Cost).
Quanto osservato dalla Corte è sufficiente ad escludere dunque, decisamente, sia l’irrilevanza religiosa, sia l’atteggiamento ostativo, nella laicità giuridicamente rilevante per l’ordinamento italiano.
In particolare, il significato del Simbolo “Crocifisso”.
Passando ad esaminare la questione ad essa sottoposta, se l’imposizione del Crocifisso nelle aule di una scuola pubblica sia lesiva dei contenuti delle norme fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, che danno forma e sostanza al principio di "laicità" che connota oggi lo Stato, il Collegio premette ancora una definizione dei termini del discorso, relativa al significato, nell’ordinamento, del Simbolo in oggetto, a prescindere dal suo valore strettamente religioso per coloro che professano la fede cattolica:
“E’ evidente che in Italia, il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana.
Questi valori, che hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo italiano, soggiacciono ed emergono dalle norme fondamentali della nostra Carta costituzionale, accolte tra i "Principi fondamentali" e la Parte I della stessa, e, specificamente, da quelle richiamate dalla Corte costituzionale, delineanti la laicità propria dello Stato italiano.
Vi è di più - sembra osservare la Corte amministrativa. Il simbolo, a prescindere dalla sua origine religiosa, comunica valori di pregio anche in un contesto ambientale educativo come quello di un istituto scolastico statale, e la validità della loro espressione in quel luogo e attraverso quel simbolo, costituisce scelta discrezionale del legislatore che, conformemente ai principi costituzionali, ritiene rilevanti tali valori.
Tutto ciò fonda e legittima la generalizzata obbligatorietà del simbolo, non già qualeprevaricazione religiosa, retaggio di uno stato confessionale,ma quale obbligatorietà del rispetto, nonché riconoscimento del rilievo culturale della trasmissione di valori solidamente radicati, prima ancora che giuridicamente riconosciuti:
“Il richiamo, attraverso il crocifisso, dell’origine religiosa di tali valori e della loro piena e radicale consonanza con gli insegnamenti cristiani, serve dunque a porre in evidenza la loro trascendente fondazione, senza mettere in discussione, anzi ribadendo, l’autonomia (non la contrapposizione, sottesa a una interpretazione ideologica della laicità che non trova riscontro alcuno nella nostra Carta fondamentale) dell’ordine temporale rispetto all’ordine spirituale, e senza sminuire la loro specifica "laicità", confacente al contesto culturale fatto proprio e manifestato dall’ordinamento fondamentale dello Stato italiano. Essi, pertanto, andranno vissuti nella società civile in modo autonomo (di fatto non contraddittorio) rispetto alla società religiosa, sicché possono essere "laicamente" sanciti per tutti, indipendentemente dall’appartenenza alla religione che li ha ispirati e propugnati”.
Osservazioni conclusive. Libertà come dialogo, tolleranza reciproca e promozione positiva di valori.
La Costituzione Italiana viene adeguatamente prospettata dalla pronuncia in commento, suffragata dalla giurisprudenza della Consulta, Progetto fondante che non si limita ad elencare le liberta fondamentali in un acritica successione di disposizioni, bensì come l’assetto delle libertà dei soggetti pubblici e privati ossia le modalità del loro interagire, affinché sia garantito sul piano sociale il limite reciproco dei valori di eguale rilevanza, per la pacifica coesistenza. E sul piano formale, per garantire l’armonizzazione del sistema.
La Costituzione esprime i valori comuni e portanti che unificano un Popolo su una data espressione territoriale, a fini di sviluppo del Progetto “Repubblica democratica”, ossia di espansione sempre maggiore delle libertà individuali e collettive. Il che tuttavia, presuppone per converso, doveri e responsabilità, rispetto e tolleranza reciproca.
Il discorso sul simbolo Crocifisso - assume una portata ampia e complessa di cui con ogni probabilità giudici sono stati consapevoli allorché hanno ricavato, sia pure in sintesi, i valori laici sottesi al Crocifisso.
Di tali implicazioni ne indico tre:
► il riferimento alla Storia d’Italia. In ciò - vale la pena di ricordare - una delle ragioni che furono alla base del deciso rifiuto del Presidente Ciampi, alla prospettiva di rimuovere dal Quirinale l’artistico Crocifisso. A ben vedere, quel Crocifisso richiama proprio la storia recente, ma anche futura tra il Quirinale e non solo la Santa Sede (con riferimento al Concordato), ma richiama - parallelamente - per la pari dignità insita nel sistema Costituzionale (così come interpretato dal C.d.S e dalla Consulta), il valore sociale, prima ancora che giuridico, delle “intese” volte a costituire il contenuto sostanziale delle leggi di rilevanza costituzionale che disciplinano i rapporti con le confessioni religiosericonosciute dall’ordinamento. Una laicità dunque, sul piano della Costituzione vivente.
Ne deriva che la tutela riconosciuta dallo Stato alle confessioni religiose esprime non solo la fredda e formale “tolleranza” misurata per così dire a “centimetri” di spazio assegnato, ma il valore ben più pregnante della positiva collaborazione fatta di conoscenza, dialogo e accoglienza reciproca tra le fedi e con le istituzioni statali, al fine della realizzazione del bene comune, nel campo economico, politico e sociale.
► La seconda implicazione riguarda la stretta connessione tra Crocifisso e arte. Il Crocifisso è in Italia il più Autorevole dei simboli religiosi, ma non l’unico. Si pensi ad antiche icone, bassorilievi, ecc. che allocati negli istituti che - eventualmente mediante convenzioni con enti religiosi - utilizzassero locali di antichi conventi o chiese non più adibite a culto per l’edilizia scolastica pubblica. La loro ipotetica rimozione peraltro, comporterebbe tecnicamente il rischio di deterioramento, qualora si trattasse di opere realizzate su supporti congiunti alla parte muraria. E ancora i mosaici, statue, bassorilievi o affreschi a carattere religioso esistenti non in privati musei, ma in giardini e altri luoghi pubblici. Per tacere delle storiche edicole della Vergine e dei Santi che troviamo ai lati delle strade e nelle piazze pubbliche, dalla Capitale alle stradine di remote contrade del Paese.
La laicità - intesa nel senso contrappositivo sopra indicato -nonnesuggerirebbe con la sua assurda logica, la rimozione e sostituzione con asettiche pitturazioni bianche, ovvero con cartelloni pubblicitari in nome di una laica religione del consumismo?
E’ il caso di osservare che l’arte è la prima testimone della dimensione sociale e non esclusivamente intimistica della fede religiosa, per rendersi conto dell’incongruenza di prospettare una tolleranza e un rispetto tra culture religiose basate sulla “soppressione” nell’ambito della vita pubblica dei reciproci segni o simboli religiosi.
► Si accenna infine soltanto, al discorso dei contenuti dell’insegnamento “laico”nelle scuole. Si pensi ad es. alla prassi centenaria, di allestire, nel periodo natalizio, il presepe nelle scuole pubbliche italiane. Sarebbe davvero assurdo se un docente d’Italiano o di Storia dell’arte - per un malinteso laicismo oppositivo - tacesse del significato del presepe (magari sostituendovi un “laico” abete...). O per fare un ultimo riferimento a Figure -“simbolo” della fede cattolica universalmente stimati, si pensi al paradosso di un insegnante che ritenesse “non legittimo” trasmettere ai discenti i contenuti educativi di pace, amore per i poveri, per il creato, espressi da S. Francesco d’Assisi, che la Chiesa Cattolica proclamò Patrono d’Italia...
Il dato di fatto su cui l’illustre Collegio sembra aver invitato la società civile ad una serena riflessione è che pur nel rispetto di una società multiculturale, i valori religiosi espressi dal Crocifisso sono per così dire amalgamati in un mulsum ormai inscindibile, nel sostrato antropologico, storico, lessicale, artistico, letterario del Paese. Insomma in ciò che chiamiamo sinteticamente “cultura italiana” e “nostre radici”. Di tutto ciò, già i Padri della Repubblica, che parteciparono alla Costituente, erano saggiamente consapevoli.
Avv. Teresa Filosa - Avvocato del Foro di Torre Annunziata (NA)


[1] Sull’art. 2 come clausola aperta cfr. Martines, Diritto Costituzionale, Giuffré 2005, p. 594
[2] Sulla laicità come eguaglianza delle confessioni religiose rispetto allo Stato ex art. 3 Cost., cfr. la sentenza della Corte Cost. n. 440 del 1995, che dichiara l’illegittimità parziale del reato di bestemmia, art. 724 1 co., del codice penale, limitatamente alle parole “o i Simboli o le Persone venerati nella Religione dello Stato” e così ne apre la portata anche alla tutela di Divinità venerate dai culti acattolici; nonché la sentenza che dichiara l’illegittimità costituzionale del vilipendio alla religione dello Stato art. 402 c.p. Si segnala infine, con riferimento agli artt. 3 e 8 Cost., la sent. della Corte Cost. n. 195/93 sulla ammissibilità delle confessioni prive d’intesa con lo Stato ai contributi regionali per l’edilizia di culto (L. Reg. Abruzzo n. 29/88).
[3] Sulla tutela delle confessioni religiose non cattoliche in riferimento all’art. 17 Cost. : sent. n. 45/57; con riferimento agli artt. 8 e 19 Corte Cost. n. 59 del 1958.
[4] Con riferimento agli artt. 7, 8 e 20 Cost. si segnala la sent. Corte Cost. n. 86 del 1985.
[5] Sui limiti della giurisdizione ecclesiastica in rif. agli artt. 7 e 102 Cost., cfr. le sentenze Corte Cost. n. 30/71 e 1/ 77. Sui rapporti tra Concordato e legge ordinaria, in tema di insegnamento della Religione Cattolica: Corte Cost. n. 390/99.
[6] Il che rende in seguito, più complessa l’operazione ermeneutica per la loro determinazione e applicazione pratica ai vari istituti che li recepiscono: non vale più, soltanto il riferimento alla realtà sociale, poiché i concetti extragiuridici sono incorporati e limitati dal sistema normativo dato, che ne definisce tra l’altro, come nel caso di religionee culto anche le modalità operative.
[7] Andrebbero approfondite nel caso specifico le ragioni storiche, sociali e politiche che hanno condotto in Francia alla disciplina restrittiva dei simboli religiosi a cui fa riferimento la Corte amministrativa.
P.S. Un’ultima notazione a proposito dei contenuti dell’insegnamento “laico”.
Ho tralasciato volutamente il riferimento a Dante, poiché nessuno potrebbe negare che la sua Opera è imprescindibile nello studio dell’evoluzione della Lingua italiana dal latino al volgare.
(Peraltro, il riferimento a Dante, come pure agli affreschi di Giotto è già contenuto nell’articolo del Prof. Avv. Raffaele Coppola, Ordinario di Dir. Eclesiastico all’Università di Bari, scritto a commento delle precedenti sentenze - vedi: “Il Simbolo del Crocifisso e la laicità dello Stato” in http://www.studiocelentano.it/editorial/131201.asp).
Gli studi danteschi sono fiorenti altresì in Europa e nelle università degli USA. Perciò sarebbe impensabile un nuovo... “esilio” culturale del sommo Poeta in Patria...
Vorrei piuttosto rilevare un dato eloquente, da cui trarre autorevole conferma di quanto si sosteneva, circa l’intima connessione, tra religione cristiana, letteratura e cultura italica in generale. Lo ricavo dalle reminiscenze del mio Poeta preferito, Giuseppe Ungaretti. Egli giunge alla fede attraverso l’esperienza del dolore. Poeta tra le due guerre, proprio nel dolore incontra Cristo, Colui che ha condiviso il dolore umano. Con animo riconoscente, il Nostro eleva a Cristo un inno, nel quale peraltro, denuncia che, a causa proprio dell’abbandono dei valori cristiani, la stoltezza umana ha prodotto gli orrori che il Poeta e i suoi contemporanei hanno tristemente sperimentato: Vedo ora nella notte triste, imparo,/So che l'inferno s'apre sulla terra / Su misura di quanto/L'uomo si sottrae, folle,/Alla purezza della Tua passione.
Ma il dato significativo che vorrei evidenziare è contenuto nell’epilogo:
Cristo, pensoso palpito
Astro incarnato nell’umane tenebre
fratello che t'immoli
perennemente per riedificare
umanamente l'uomo,
Santo Santo che soffri,
Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,
Santo, Santo che soffri
per liberare dalla morte i morti
e sorreggere noi infelici vivi;
d'un pianto solo mio non piango più.
Ecco, Ti chiamo, Santo,
Santo, Santo che soffri
.
(Mio Fiume anche tu - Da “Il Dolore-Roma Occupata”)
Ebbene, con gli ultimi versi qui citati, connotati dalla marcata assonanza col Sanctus, Ungaretti sarebbe colpevole - secondo i teorici del laicismo oppositivo censurati nella sentenza in commento - di introdurre arbitrariamente, la Liturgia cattolica nella Letteratura!...


giovedì 2 marzo 2006

Il Crocifisso deve restare nelle aule scolastiche (Mario Pavone)

Con una importante decisione,il Consiglio di Stato è intervenuto sulla questione della esposizione del crocifisso nelle aule stabilendo, una volta per tutte, che «per tutti, credenti e non credenti, essa non discrimina».

Respingendo il ricorso di una signora finlandese,che aveva chiesto la rimozione della croce dalla parete dell’aula di una scuola media frequentata dai figli, la cui esposizione avrebbe a suo dire violato i principi di laicità dello Stato e d'imparzialità dell'amministrazione,la VI Sezione,con sentenza n.556 del 132/2006,ha stabilito che il crocifisso deve restare nelle aule perché esso non è solo un simbolo religioso,ma esprime tutti i valori civili di tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti e solidarietà, tutti principi che “delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato”(1).

La sentenza in commento ha il pregio di ricondurre,in termini strettamente giuridici, un dibattito, quello sulla libertà religiosa e sulla laicità della Repubblica italiana, troppo spesso ispirato da interpretazioni che gli stessi giudici hanno descritto come «ideologiche».

Il Crocifisso rimane, dunque, “sintesi di valori anche per i laici» e ha «funzione altamente educativa» a prescindere dal culto.Esso è un segno che non discrimina ma unisce,non offende ma educa.

Fuori dalle chiese, in un ufficio pubblico come può essere una scuola, il crocifisso resta un riferimento alla fede per i cristiani, «ma per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata e assume rà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, se esso è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile e intuibile (al pari d'ogni simbolo) valori civilmente rilevanti, e segnatamente quei valori che soggiacciono e ispirano il nostro ordine costitu zionale, fondamento della nostra civile convivenza».

Esso,dunque,esprime valori quale «tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti, riguardo alla sua libertà, autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, solidarietà umana, rifiuto di ogni discriminazione»,valori che «hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo italiano».

In questo senso «il crocifisso potrà svolgere, anche in un orizzonte "laico", diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni».(2)

La ricorrente cittadina straniera nel 2002 si era rivolta al Tribunale amministrativo regionale del Vene to che,dopo aver sollevato la questione davanti alla Corte costituzionale(3),che l'aveva dichiarata inammissibile, aveva respinto il ricorso.

I Giudici del massimo consesso amministrativo hanno giudicato «infondato» il ricorso in appello proposto dalla medesima ricorrente motivando la decisione proprio con il principio di laicità dello Stato,

Si legge,infatti, nella sentenza che «non si può pensare al crocifisso esposto nelle aule scolastiche come a una suppellettile, oggetto di arredo e neppure come a un oggetto di culto; si deve pensare piuttosto come a un simbolo idoneo a esprimere l'elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato».

Uno Stato laico, dunque, rispetta la sensibilità e la libertà religiosa di ciascuno, riaffermando al tempo stesso valori comuni a tutti i cittadini.

Anzi, si legge ancora nella sentenza, «nel contesto culturale italiano appare difficile trovare un altro simbolo, in verità, che si presti più di esso (del crocifisso, ndr) a farlo; e l'appellante del resto auspica (e rivendica) una parete bianca, la sola che alla stessa appare particolarmente consona con il valore della laicità dello Stato».

La decisione delle autorità scolastiche «in esecuzione di norme regolamentari» di esporre il crocifisso - ha osservato il Consiglio di Stato - «non appare pertanto censurabile con riferimento al principio di laicità proprio dello Stato italiano».

Né vale obiettare, come è stato sostenuto nel ricorso,che quelle norme regolamentari (contenute nel regio decreto 965 del 1924) furono emanate quando la religione cattolica era «la sola religione dello Stato» perché «è altrettanto vero che tale norma non impedì minimamente al legislatore, nel corso di vari decenni, di adottare in molteplici settori della vita dello Stato una normativa contraria agli interessi della confessione cattolica» e perfino «di ascrivere la Chiesa cattolica tra le associazioni illecite».

Va ricordato come già in precedenza, il Consiglio di Stato si era pronunciato sulla questione con il parere n. 63/1988(4),documento efficace perché capace, nel breve volgere di poche righe, di riassumere egregiamente quanto di meno condivisibile è possibile sostenere su questo tema(5).

Le asserzioni in esso contenute sono tre.

a) Non sarebbe ravvisabile alcun rapporto di incompatibilità tra le norme regolamentari concernenti l'esposizione del crocefisso nelle scuole e le norme sopravvenute.

b) Il crocefisso, <>.

c) La presenza del crocefisso nelle aule non costituisce <>.

A tale orientamento fece seguito il noto,quanto controverso,provvedimento giudiziale del Tribunale aquilano, che nell'ottobre del 2003 sollevò una vivace reazione sociale ed un coinvolgimento diretto di forze politiche ed istituzioni.(6)

"Nell'ambito scolastico – motivava la sentenza - la presenza del simbolo della croce induce nell'alun no a una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della espressione di fede, perché manifesta l'inequivoca volontà, dello Stato, trattandosi di scuola pubblica, di porre il culto cattolico al centro dell'universo, come verità assoluta, senza il minimo rispetto per il ruolo svolto dalle altre esperienze religiose e sociali nel processo storico dello sviluppo umano, trascurando completamente le loro inevitabili relazioni e i loro reciproci condizionamenti".

La rimozione del crocifisso, concludeva il giudice, è l'unica misura possibile per inibire la lesione del diritto di libertà dei figli minori, poichéè l'alternativa sarebbe non far partecipare all'attività didattica i piccoli scolari.

Anche la esposizione del Crocifisso nelle aule di giustizia è stato oggetto di critica.

Lo scorso anno,la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione(7) aveva stabilito che l'esposi zione del crocifisso nelle aule di udienza, pur costituendo "una situazione astrattamente sussumibile nelle fattispecie processuali di cui all'art. 45 c.p.p. se si ha riguardo al suo carattere extraprocessuale" non assume rilevanza per la rimessione del giudizio e che è "indubitabile che la esposizione del crocifisso esula dalla fattispecie processuale de qua perché difetta dell’imprescindibile carattere locale".

La Suprema Corte, aveva precisato che "la esposizione del crocefisso nelle aule giudiziarie non è limitata al Tribunale di Verona, e neppure agli uffici giudiziari di quella città, ma si estende ai tutto il territorio nazionale,in conformità, del resto, al contenuto della menzionata fonte ministeriale, che indirizzava l'obbligo di esporre il crocefisso a tutti i capi degli uffici giudiziari nazionali" con la conseguenza che " non può invocarsi l'istituto della rimessione del processo per scongiurare un pericolo di parzialità del giudice o di turbamento del giudizio, quando la situazione che asseritamente genera quel pericolo ha dimensione nazionale, essendo evidente che in tal caso anche la translatio iudicii non sarebbe in grado di rimuovere o evitare quella stessa situazione che si assume pregiudizievole per la imparzialità e serenità del giudizio".

La Corte aveva così respinto l'istanza dell'imputato di fede islamica il quale contestava la presenza del crocifisso nell'aula del Tribunale poiché contraria alla laicità dello Stato italiano e costituente un'intrusione nella sfera di libertà negativa del singolo che può perciò pregiudicare la libera determinazione dei soggetti del processo (dal giudice allo stesso imputato) ovvero costituire un legittimo sospetto sulla imparzialità dello stesso Giudice.(8)

Ostuni, Febbraio 2006

di Mario Pavone Presidente ANIMI

NOTE

(1) v.sentenza in calce

(2) così D.Paolini, in Avvenire

(3) ordinanza 14 gennaio 2004, n. 56 del TAR Veneto e sentenza Corte Cost. 15/12/2004 n.389

(4)v.in Filodiritto.com

(5) v.G.Galante, Piccole note sul Crocifisso nelle aule scolastiche,in Ass.Costituzionalisti.it,ott.2004

(6)v.Tribunale dell’Aquila ordinanza 22 ottobre 2003, Giudice Montanaro,

(7)v. Cass.Sent. n. 41571/2005

(8)v.C. Matricardi, in StudioCataldi.it ,dicembre 2005




http://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/21633.html