mercoledì 17 novembre 2004

Il Crocifisso può restare nelle aule scolastiche? (Orazio Auriemma)

Si torna a parlare del Crocifisso a scuola. La Corte Costituzionale ha posto all' ordine
del giorno questo tema sul quale è stata chiamata ad esprimersi dal TAR del Veneto con
sentenza del 13 novembre 2003 depositata il 14 gennaio 2004.
Sarà dunque la Corte a decidere se il Crocifisso possa rimanere nelle aule oppure debba
essere rimosso dalle pareti scolastiche o, come alcuni sostengono, possa comparire
accanto ad altri simboli religiosi e culturali secondo le autonome decisioni delle scuole. Le
attese probabilmente si concentrano intorno a queste tre soluzioni.
Per evidenti ragioni di opportunità, tra le quali la principale è il doveroso rispetto del lavoro
della Consulta, mi propongo di portare l' attenzione su alcuni argomenti del ricco e
articolato discorso che le sentenze giudiziarie hanno sviluppato occupandosi di temi
concernenti la religione cattolica e il Crocifisso. Aggiungerò qualche riflessione finale sul
merito della tematica; spero mi verrà perdonato se in tal modo sconfinerò sul terreno delle
conclusioni di spettanza della Corte.
Il primo argomento si riferisce all' atteggiamento che la Corte assumerà nei confronti
della natura giuridica degli atti normativi che hanno disposto nel tempo circa l' affissione
del Crocifisso nelle scuole. E' noto infatti che la sentenza del TAR del Veneto li considera
atti regolamentari assorbiti negli articoli 159 e 160 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Testo
unico delle leggi sulla scuola), che sono atti legislativi, mentre la maggioranza delle
sentenze li include tra gli atti di normativa secondaria. E' noto altresì che i regolamenti, pur
essendo spesso compresi tra le norme secondarie, sono stati riguardati dalla stessa
Corte secondo la funzione da essi operata nei confronti delle leggi, delle quali in taluni casi
costituiscono la specificazione e il completamento (cfr. sentenza 1104/1988). L'
ammissione dello scrutinio di costituzionalità dei regolamenti da parte della Corte ha finora
avuto tale presupposto. In ogni caso la competenza a decidere della Corte sulle norme
evocate e la relativa motivazione sembrano precedere ogni ulteriore esame della materia
sottoposta al suo giudizio.
Il secondo argomento riguarda l' ampliamento delle norme che hanno previsto l'
affissione del Crocifisso nelle aule scolastiche. Le sentenze emesse nei diversi livelli
decisionali sono concordi nel ritenere che le disposizioni sull' affissione del Crocifisso nelle
scuole non siano state estese alle scuole materne, recentemente denominate scuole dell'
infanzia e un tempo chiamate asili infantili prima di divenire scuole del grado preparatorio.
Anche la sentenza del giudice designato del Tribunale dell' Aquila, emessa a seguito di
ricorso il 22 ottobre 2003, ha confermato questa constatazione, che cioè la normativa
concernente le scuole per l' infanzia non contiene disposizioni circa l' affissione del
Crocifisso nelle aule. Sembra dunque opportuno ricordare il "R.D. 4 gennaio 1914 n. 27
che approva le istruzioni, i programmi e gli orari per gli asili infantili". Annesse al decreto,
oltre ai "Programmi", alle "Istruzioni per la compilazione della carta biografica", alla scheda
dell' alunno, alle disposizioni sui "locali per gli asili infantili", si trovano le pagine
concernenti "Arredamento e materiale didattico per gli asili infantili". Nel paragrafo
"Arredamento" si reperiscono le disposizioni che interessano il nostro tema: "Nell' aula: 1.
Crocifisso. 2. Ritratto del Re: 3. Tavolo....".
Il terzo argomento è più che altro una riflessione sul rapporto posto dalle sentenze
tra le norme sul Crocifisso, la legge Casati (L 13 novembre 1859, n. 3725) e lo Statuto
Albertino ("Statuto del Regno di Sardegna" promulgato a Torino il 4 marzo 1848). Si
constata nelle sentenze la presenza di una lettura che rileva la dipendenza diretta delle
norme sul Crocifisso appunto dalla legge Casati e sopratutto dallo Statuto. Tale
ragionamento porta a concludere che, non essendo più vigente l' art. 1 dello Statuto in
forza dell' Accordo del 1984 tra lo Stato e la Chiesa (vedasi in specifico il Protocollo
addizionale, art.1), anche le norme sul Crocifisso non sono più vigenti perchè è venuto
meno il presupposto statutario (successivamente ripetuto nell' art.1 del Concordato del
1929) che considerava la religione cattolica come la religione dello Stato e che costituiva il
fondamento giuridico di quelle norme. Su questo modo di articolare il ragionamento e di
trarre le conclusioni esprimo sommessamente qualche perplessità. Non mi sembra cioè
che il percorso logico mediante il quale, così ragionando, si sottopongono le norme all'
esame giudiziario consenta di comprenderne i rapporti gerarchici e di coglierne appieno il
valore giuridico. In specifico interessa invece che sia agevolata la comprensione nostra e
dell' organo giudicante se una norma sia primaria o secondaria, se sia un regolamento
delegato o esecutivo, se sia un regolamento che attua una o più funzioni di
completamento della norma primaria ecc. Cerco di spiegarmi esemplificando per mezzo
delle stesse norme che prescrivono la presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche.
La norma che dispone la presenza del Crocifisso nelle scuole dell' infanzia (R.D.
27/1914) cita nel preambolo la legge Casati. Era ancora in uso a quel tempo ricordare nel
preambolo delle leggi e dei regi decreti la legge-madre sulla scuola, pur essendo
intervenute tali modifiche legislative da rendere ardua l' insistenza su questa ascendenza.
Nel caso specifico poi occorre rilevare che nè la legge Casati nè i Regolamenti di
attuazione (i quattro Regolamenti portano le date del 15, 19, 22 settembre e 20 ottobre
1860 e interessano nell' ordine: l' istruzione elementare, tecnica, secondaria ed
universitaria) si sono occupati di asili infantili. In realtà il decreto 27/1914 risulta applicativo
dell' art. 337 del R.D. 6 febbraio 1908, n. 150 (regolamento di esecuzione, per la scuola
elementare, dell' art. 30 della legge 8 luglio 1904, n. 407, nota come legge Orlando).
Poichè si presenta come un regolamento ministeriale esecutivo del regolamento esecutivo
della legge Orlando, sembra avere le caratteristiche di una norma secondaria. Si potrebbe
tuttavia ipotizzare che l' art. 30 della L 407/1904 abbia avuto il suo reale completamento
per mezzo del regolamento 27/1914 tramite il disposto dell' art. 337 del Regolamento
150/1908. Non sembra comunque ammissibile la fuga all' indietro -rispetto alla
correlazione logica oltre che fattuale delle norme anzidette- andando ad ipotizzare una
qualche relazione con l' art. 140 del Regolamento per l' istruzione elementare (R.D. 15
settembre 1860, n. 4336), perchè questo Regolamento non riguarda la scuola per l'
infanzia.
L' art. 118 del R.D. 30 aprile 1924, n. 965, prescrive l' esposizione del Crocifisso
nelle aule delle scuole medie (inferiori e superiori). E' importante ripercorrere il contesto
normativo entro il quale questo decreto si situa per cercare di capire se si tratti di una
norma avente forza di legge oppure di una norma secondaria. Il decreto fa parte dell'
insieme normativo noto come la riforma Gentile della scuola.
Il filosofo Giovanni Gentile è stato ministro dell' istruzione nel primo Governo Mussolini dal
1922 al giugno1924; è stato quindi sostituito nell' ambito dei rimaneggiamenti governativi
seguiti al delitto Matteotti (10.6.1924). Formalmente costituito il 31.10.1922 il primo
governo Mussolini, nel quale sono presenti ministri e sottosegretari giolittiani, popolari,
nazionalisti, e di altre estrazioni politiche, accanto ai fascisti, è stato seguito nel mese di
giugno1924 dal secondo governo Mussolini dopo l' espletamento, nell' aprile dello stesso
anno, delle elezioni politiche. Ricevuto il placet del Re (30.10.1922) e del Parlamento
(16-18.11.1922), ottiene con la legge 3 dicembre 1922, n. 1601, la "Delegazione di pieni
poteri .......per il riordinamento del sistema tributario e della pubblica amministrazione". La
legge-delega prevede che: "Art.1. Per.....riorganizzare i pubblici uffici ed istituti, renderne
più agili le funzioni e diminuire le spese, il Governo del Re ha, fino al 31 dicembre 1923,
facoltà di emanare disposizioni aventi vigore di legge. Art. 2. Entro il mese di marzo 1924 il
Governo del Re darà conto al Parlamento dell' uso delle facoltà conferite dalla presente
legge".
Il primo decreto di riforma della scuola media (con questa terminologia veniva designata la
scuola media inferiore e superiore) è il R.D. 6 maggio 1923, n. 1054 "riguardante il nuovo
ordinamento dell' istruzione media"; ad esso seguono il R.D. 2345/1923, "che approva gli
orari e i programmi d' esame per i regi istituti medi d' istruzione" e il R.D. 965/1924,
"regolamento unico sull' ordinamento interno....dei regi istituti medi d' istruzione". Senza
addentrarci neppure per un attimo sui contenuti della riforma gentiliana della scuola media,
perchè non è questa la sede adatta, preme sottolineare due aspetti giuridici importanti che
accomunano questi decreti: la legge-delega 1601/1922 li considera "norme aventi vigore di
legge" , norme cioè che all' epoca erano chiamate leggi delegate ed anche, come le
chiamiamo oggi, decreti legislativi; si tratta di norme ad una ad una correlate con la leggedelega
e non subordinate fra loro. In particolare il R.D. 965/1924, in quanto regolamento
unico che detta norme sull' "ordinamento interno.... dei Regi istituti di istruzione media",
può essere considerato un regolamento delegato, un decreto legislativo, cioè, con
funzione di regolamento. L' art. 140 del Regolamento per l' istruzione elementare (R.D.
4336/1860) non può essere considerato un precedente normativo dell' art. 118 del R.D.
965/1924 perchè non si riferisce alla scuola media.
La tabella C del R.D. 26 aprile 1928, n. 1297, alla quale fa rinvio l' art. 119 dello
stesso regio decreto, dispone che in ciascuna delle cinque classi della scuola elementare
sia affisso il Crocifisso quale parte integrante dell' Arredamento delle aule. Sulla stessa
materia e per lo stesso ordine di scuole gli antecedenti si trovano nel R.D. 4336/1860 e nel
R.D. 150/1908, così come discusso e valutato in alcune sentenze. Per la precisione si
annota che la tabella C anzidetta, per la prima volta nella storia di questa specifica
legislazione, non menziona tra gli arredi il ritratto del Re, che solitamente compariva,
appunto tra gli arredi, subito dopo il Crocifisso.
Per comprendere il valore della norma è conveniente situarla nel contesto normativo di
riferimento. Il R.D. 1297 è il regolamento generale per la scuola elementare. E' successivo
al T.U. emanato con R.D. 5 febbraio 1928, n. 577 e intitolato "Approvazione del testo unico
delle leggi e delle norme giuridiche emanate in virtù dell'art. 1, n. 3, della legge 31 gennaio
1926, n. 100, sull'istruzione elementare, post-elementare e sulle opere di integrazione". Il
T.U. ha coordinato e integrato tutti i decreti fino ad allora promulgati per il settore della
scuola elementare, corrispondendo al nuovo disegno assegnato a questo ordine
scolastico dalla riforma Gentile. A mero titolo esemplificativo ricordiamo alcune
disposizioni aventi vigore di legge, che erano state emanate nell' ambito della riforma e
che sono state successivamente integrate nel testo unico del 1928: R.D. 374/1923 col
quale venivano soppressi i Provveditorati provinciali; R.D. 2185/1923 che disponeva il
nuovo ordinamento dei gradi scolastici e i programmi didattici; R.D. 3106/1923
concernente l' obbligo scolastico. Sono decreti delegati applicativi della citata legge-delega
1601/1922.
Come si evince dal titolo il testo unico 577/1928 è un decreto legislativo, cioè una norma
delegata dalla legge 100/1926. Il regolamento generale del 1928 per la scuola elementare
sembra rientrare invece nella categoria dei regolamenti di esecuzione. Se ne ricava infatti
l' impressione che sia stato concepito per facilitare l' applicazione dei principi legislativi
contenuti nel testo unico. Non è semplice tuttavia classificarlo tra le norme di rango
primario o secondario. Se infatti nel preambolo è citato anzitutto il testo unico 577/1928, il
valore giuridico del decreto non resta limitato a questo rapporto, che ne evidenzierebbe il
valore di norma gerarchicamente subordinata molto probabilmente di rango secondario. A
complicare la lettura del preambolo si pongono: il richiamo alla legge-delega 100/1926; l'
acquisizione del parere del Consiglio di Stato; e infine il concerto avvenuto col ministro per
le finanze. Il richiamo alla legge-delega e l' inclusione del concerto interministeriale orienta
a considerarlo un decreto delegato, per la cui attuazione il Governo è tenuto ad attenersi a
quanto previsto dall' ultimo capoverso dell' art. 1 della legge: "Resta ferma la necessità
dell' approvazione, con la legge del bilancio, delle spese relative". Infine il conforto del
parere del Consiglio di Stato sembra porlo sullo stesso livello di un testo unico. Per questi
motivi anche il R.D. 1297/1928 potrebbe essere incluso fra le norme aventi forza di legge,
alla stregua di un decreto delegato.
La circolare del ministero della pubblica istruzione 19 ottobre 1967, n. 367, non
fornisce una motivazione giuridica specifica per l' affissione del Crocifisso nelle scuole
elementari e medie; allorchè cita gli articoli 120 e 121 del R. D. 1297/28 lo fa unicamente
per intestare ai Comuni il compito di fornire gli arredi (tra i quali il Crocifisso).
Successivamente alla modifica del Concordato del 1929 fra la Chiesa cattolica e lo Stato
avvenuta il 18 febbraio 1984 e poi ratificata con L 25 marzo 1985, n. 121, a seguito della
quale la religione cattolica cessa di essere la religione dello Stato, le circolari ministeriali
(CM 9.6.1988, n. 157; Nota 3 ottobre 2002, prot. 2667; Direttiva 3 ottobre 2002, prot.
2666) si uniformano al parere del Consiglio di Stato n. 63, reso in data 27 aprile 1988. Il
parere dichiara la vigenza delle norme sul Crocifisso sopra ricordate con esclusione di
quella relativa alla scuola materna perchè non citata.
Quarto argomento: la riflessione che ho svolto sulle norme che prescrivono la
presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche mi conduce a formulare l' ipotesi che esse
abbiano vigore di leggi. Può creare qualche imbarazzo constatare che i ricordati regi
decreti del 1924 e del 1928 siano nati in condizioni di delega molto ampia, data ad un
Governo approvato inizialmente con la formula della coalizione tra partiti politici e
successivamente scivolato (dagli inizi del 1925) nel regime fascista vero e proprio. Sul
piano giuridico tuttavia le leggi-delega del 1922 e del 1926 dispiegano i loro effetti
nonostante le inquietudini dell' epoca e i giudizi storici sul periodo. Non è diversa del resto
la realtà giuridica, solitamente non investigata, nella quale era nata la legge Casati.
Questa legge fu promulgata come ordine del Re, sentiti il Consiglio dei Ministri e il ministro
proponente della pubblica istruzione, il conte Gabrio Casati, a seguito della legge-delega
25 aprile 1859, n. 3345, recante il titolo "Pieni poteri concessi a S.M. il Re durante la
guerra coll' Impero d' Austria". Per le sue intrinseche caratteristiche si può meglio
considerare come un decreto legislativo, pur prendendo atto che fu stampata come legge
e che la giurisprudenza l' ha sempre trattata come la legge fondamentale sulla scuola del
nascente Regno d' Italia (l' estensione della legge al nuovo Regno avvenne in
conseguenza dell' applicazione graduale nei primi anni del Regno dei quattro regolamenti
di applicazione).
La decretazione sull' affissione del Crocifisso nelle aule scolastiche, ogni volta emanata a
distanza di tanti anni dalla precedente, è stata giudicata dalle sentenze specifiche come
una sorta di continuità della supremazia della religione cattolica per il motivo della vigenza
dello Statuto Albertino. Questa valutazione presuppone l' esclusiva identità fra Crocifisso
e religione cattolica nel Regno d' Italia e dà per scontata una verità, indimostrata, che la
religione cattolica abbia avuto costantemente forte incidenza nella scuola come
insegnamento. In realtà la costante incidenza dell' educazione cattolica nella scuola non
appare dai Programmi scolastici, neppure da quelli per la scuola elementare, la scuola del
popolo per antonomasia; si può dire invece che ne sia mancata persino la presenza in
certi periodi della storia scolastica ottocentesca e successiva fino all' avvento del fascismo
(1). E' stato Giovanni Gentile a reintrodurre l' educazione cattolica nella scuola elementare,
attribuendole particolare peso e importanza sulla base delle sue idee filosofiche (2).
Il Crocifisso, di fronte al prevalere di teorie filosofiche avverse all' educazione cattolica
nella scuola nel periodo della Sinistra Storica e poi durante il periodo giolittiano, potrebbe
aver subito in taluni casi le conseguenze negative di essere il simbolo religioso per
eccellenza del Cristianesimo. Ma, in mancanza di una documentata storia della "fortuna"
del Crocifisso nelle scuole sopratutto durante l' ultimo ventennio dell' ottocento e fino all'
avvento della riforma Gentile, considero improbabile che sia stato staccato dalle pareti
delle aule per compiacere le idee positivistiche, herbartiane e laiche in genere che hanno
ispirato in quel lungo periodo i Programmi didattici della scuola elementare. Non penso
tuttavia che la permanenza del Crocifisso negli asili infantili e nelle scuole elementari -cioè
nelle strutture educative (gli asili per l' infanzia) e scolastiche (le scuole elementari)
interessate dalla legislazione sul Crocifisso prima del fascismo- possa essere meramente
ascritta all' esecuzione delle disposizioni normative. Mi sembra più ragionevole supporre
che, appeso al muro dell' aula scolastica per decisione lontana presa forse sulla base di
una certa interpretazione della norma statutaria o del Regolamento per la scuola
elementare del 1860 o del regio decreto vigente o della semplice tradizione locale, vi sia
rimasto perchè, se fosse venuto in mente a qualcuno di staccarlo in ossequio alle
suggestioni filosofiche ispiratrici dei programmi didattici, ne sarebbe stato impedito dalla
consapevolezza di ferire un sentimento diffuso, religioso e culturale insieme,
profondamente radicato nell' animo popolare italiano. Questo sentimento era presente
allora e continua ad esserlo ancora oggi (3).
In presenza o in assenza dello Statuto Albertino e poi del Concordato lateranense, il
Crocifisso ha rappresentato e continua a rappresentare un simbolo, un valore, nel quale
riconoscersi. E' un simbolo complesso: è religioso e culturale insieme, vale a dire è un
simbolo religioso che permea la cultura popolare anche oltre il suo significato religioso,
coinvolgendo in questa comunanza valoriale anche tante persone che la fede cristiana
non hanno. In questo senso non può essere sostenuta l' esclusiva identità fra Crocifisso e
religione cattolica.
Relativamente alla vigenza delle norme sul Crocifisso dopo la modifica apportata dalla
L 121/1985 al Concordato fra lo Stato e la Chiesa cattolica dell' 11.2.1929 e, per
assimilazione, all' art. 1 dello Statuto Albertino, e cioè dopo l' abrogazione della norma che
disponeva essere la religione cattolica la religione dello Stato, esprimo l' opinione che sia
tuttora condivisibile il parere 63/1988 del Consiglio di Stato. Mi sembra cioè ancor oggi
evidente che "la Croce, a parte il significato per i credenti, rappresenta un simbolo della
civiltà e della cultura cristiana, della sua radice storica come valore universale,
indipendente da specifica confessione religiosa". Su questa base si fonda l' interpretazione
che le norme sul Crocifisso nelle scuole non risultano abrogate a seguito dell' abrogazione
della norma concordataria sulla religione di Stato. Il simbolo culturale di origini religiose,
per quanto tuttora esistente nella sua funzione religiosa, per la sua riconosciuta valenza
culturale non è riducibile unicamente a simbolo religioso. La caducità delle norme sul
Crocifisso sostenuta assimilando il Crocifisso alla religione cattolica non appare quindi
condivisibile. Il simbolo religioso assurto a simbolo culturale per la stragrande
maggioranza del popolo può dunque rimanere sulle pareti delle scuole, non potendosi
sancire l' abrogazione di norme relative ad un simbolo culturale per il motivo che la
religione cattolica non è più la religione dello Stato.
Non sembra dunque condivisibile che il Crocifisso, simbolo religioso per i credenti e
simbolo culturalmente accettato dal popolo italiano, possa confliggere col "supremo
principio di laicità dello stato, che induce a preservare lo spazio 'pubblico' della formazione
e della decisione dalla presenza, e quindi dal messaggio sia pure a livello subliminale, di
immagini simboliche di una sola religione (come, in generale, di una sola delle altre
condizioni non discriminabili, di cui all'art. 3 Cost.), ad esclusione delle altre" (Corte di
Cassazione, sentenza 439/2000). Parimenti risulta unilaterale la lettura della presenza del
Crocifisso nelle aule contenuta nella sentenza 22.10.2003 del Tribunale dell' Aquila: " La
presenza del crocifisso nelle aule scolastiche... impone.. un’istruzione religiosa che diviene
obbligatoria per tutti, poiché non è consentito non avvalersene, connotando così in
maniera confessionale la struttura pubblica 'scuola' e ridimensionandone fortemente
l’immagine pluralista". Se infatti i valori essenziali della nostra cultura sono rappresentati
da un simbolo religioso e culturale insieme, quasi da tutti condiviso, da chi crede e da molti
non credenti, rinunciare a questo simbolo significherebbe sacrificare aspetti essenziali
della propria identità culturale. In nome del principio di laicità dello Stato non è ammissibile
la rimozione dalle aule del Crocifisso, simbolo che fa parte intrinseca della nostra cultura e
che per tradizione e per legge ha sempre trovato posto sulle pareti delle scuole.
La presenza del Crocifisso nelle scuole costituisce l' espressione di una condivisione
culturale che comprende tra l' altro il valore universale della pace, il principio della
solidarietà, della dedizione, dell' abnegazione, il rispetto per la persona umana, l'
accettazione delle diversità religiose e culturali. Le norme sul Crocifisso tuttora vigenti ne
prescrivono l' affissione nelle scuole. In questo simbolo religioso/culturale il popolo italiano
riconosce i valori essenziali della propria identità culturale e intende trasmetterli alle nuove
generazioni.
L'educazione religiosa è un' altra cosa. Essa è disciplinata dalle norme che specificamente
la riguardano.

Orazio Auriemma



1 - I Programmi Gabelli del 1888, emanati con R.D. 25.9.1888, n. 5724, per quanto attiene all' insegnamento della
religione cattolica rinviano al Regolamento unico per l' istruzione elementare dato con R.D. 16.2.1888, n. 5292 (gli
articoli 1 e 2 di questo decreto mantengono sul tema dell' insegnamento di religione quella formula ambigua che ormai
era invalsa dalla legge Coppino del 1877 in poi), ma non ne trattano. I Programmi Baccelli del 1894, emanati con R.D.
29.11.1894, n. 525, non contengono l' insegnamento della religione cattolica. I Programmi Orestano del 1904, emanati
con R.D. 25.1.1905, n. 45, non contengono l' insegnamento della religione cattolica.
2 - R.D. 1.10.1923, n. 2185, "Ordinamento dei gradi scolastici e dei programmi didattici dell' istruzione elementare"
(cfr. in particolare l' art. 3: "A fondamento e coronamento della istruzione elementare in ogni suo grado è posto l'
insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta nella tradizione cattolica").
3 - cfr. i dati sul sacro in : S.Abruzzese, Il posto del Sacro, MILANO, 2000; CESNUR 2000 in Enciclopedia delle
religioni in Italia, Elledici, Leumann (Torino).


BIBLIOGRAFIA
Oltre alle citazioni contenute nel testo si segnalano:
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Butturini Emilio, La religione a scuola dall' Unità ad oggi, Brescia, 1987.
Ceccanti Stefano ed altri, Il Crocifisso nei locali pubblici, dibattito on-line, 2001-2002.
Corte Costituzionale, sentenza 327/2002.
Corte Costituzionale, sentenza 1104/1988.
Corte Costituzionale, sentenza 13/1991.
Corte Costituzionale, sentenza 203/1989.
Corte Costituzionale, sentenza 290/1992.
Corte Costituzionale, sentenza 508/2000.
D'Alessio Francesco, Istituzioni di diritto amministrativo, Torino, 1932-1934.
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